Piazza del Pantheon - F. Martin 1882

Piazza del Pantheon - F. Martin 1882

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Bellissimo acquarello su carta raffigurante un’animata veduta di Piazza del Pantheon a Roma, firmato in basso a sinistra F. Martin Roma 1882, entro una cornice antica in legno dorato.

Come si può notare sono raffigurati i due campanili fatti realizzare nel XVII secolo progettati dal Bernini su ordine di papa Alessandro VII, i quali furono ribattezzati ben presto “le orecchie d’asino”. I campanili furono abbattuti nel 1883, solo un anno dopo la realizzazione di questo perciò raro acquarello.

Stato di conservazione ottimo

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Il Pantheon (in greco antico: Πάνθεον [ἱερόν], Pántheon [hierón], “[tempio] di tutti gli dei”) è un edificio della Roma antica situato nel rione Pigna nel centro storico, costruito come tempio dedicato a tutte le divinità passate, presenti e future. Fu fondato nel 27 a.C. da Marco Vipsanio Agrippa, genero di Augusto. Fu fatto ricostruire dall’imperatore Adriano tra il 120 e il 124 d.C., dopo che gli incendi dell’80 e del 110 d.C. avevano danneggiato la costruzione precedente di età augustea. L’edificio è composto da una struttura circolare unita a un portico in colonne corinzie (otto frontali e due gruppi di quattro in seconda e terza fila) che sorreggono un frontone. La grande cella circolare, detta rotonda, è cinta da spesse pareti in muratura e da otto grandi piloni su cui è ripartito il peso della caratteristica cupola semisferica in calcestruzzo. La cupola ospita al suo apice un’apertura circolare detta oculo, che permette l’illuminazione dell’ambiente interno. L’altezza dell’edificio calcolata all’oculo è pari al diametro della rotonda, caratteristica che rispecchia i criteri classici di architettura equilibrata e armoniosa. A quasi due millenni dalla sua costruzione, la cupola intradossata del Pantheon è ancora oggi una delle cupole più grandi di tutto il mondo, e nello specifico la più grande costruita in calcestruzzo non armato. All’inizio del VII secolo il Pantheon è stato convertito in basilica cristiana (con l’editto di Costantinopoli) chiamata Santa Maria della Rotonda o Santa Maria ad Martyres, il che gli ha consentito di sopravvivere quasi integro alle spoliazioni apportate agli edifici della Roma classica dai papi. Gode del rango di basilica minore ed è l’unica basilica di Roma oltre a quelle patriarcali ad avere ancora un capitolo. Gli abitanti di Roma lo chiamano la Rotonna, o Ritonna (“la Rotonda”), da cui deriva anche il nome della piazza antistante. Il primo Pantheon fu fatto costruire nel 27-25 a.C. da Marco Vipsanio Agrippa, amico e genero di Augusto, nel quadro della monumentalizzazione del Campo Marzio, affidandone la realizzazione a Lucio Cocceio Aucto[14]. Esso sorgeva infatti fra i Saepta Iulia e la basilica di Nettuno, fatti erigere a spese dello stesso Agrippa su un’area di sua proprietà, in cui si allineavano da sud a nord le terme di Agrippa, la basilica di Nettuno e il Pantheon stesso. Sembra probabile che sia il Pantheon sia la basilica di Nettuno fossero sacra privata (edifici privati ad uso sacro) di Agrippa e non aedes publicae (templi ad uso pubblico). Questa funzione meno solenne potrebbe aiutare a spiegare perché si fosse persa così presto e facilmente la memoria del nome originario e la sua funzione (Ziolkowski ipotizza che in origine esso fosse il tempio di Marte in Campo Marzio).

 L’iscrizione di Agrippa, ricollocata da Adriano

L’iscrizione originale di dedica dell’edificio, riportata sulla successiva ricostruzione di epoca adrianea, recita: M•AGRIPPA•L•F•COS•TERTIVM•FECIT, ossia:

(LA)« Marcus Agrippa, Lucii filius, consul tertium fecit »(IT)« Lo costruì Marco Agrippa, figlio di Lucio, console per la terza volta »(CIL VI, 896)

il terzo consolato di Agrippa risale appunto all’anno 27 a.C. Tuttavia Cassio Dione lo elenca con la basilica di Nettuno e il Gymnasium Laconiano tra le opere di Agrippa terminate nel 25 a.C. Dai resti rinvenuti a circa 2,50 metri sotto l’edificio alla fine del XIX secolo, si sa che questo primo tempio era di pianta rettangolare (metri 43,76×19,82) con cella disposta trasversalmente, più larga che lunga (come il tempio della Concordia nel Foro Romano e il piccolo tempio di Veiove sul Campidoglio), costruito in blocchi di travertino rivestiti da lastre di marmo. L’edificio era rivolto verso sud, in senso opposto alla ricostruzione adrianea, preceduto da un pronao sul lato lungo che misurava in larghezza 21,26 metri. Davanti a esso si trovava un’area scoperta circolare, una sorta di piazza che separava il tempio dalla basilica di Nettuno, recintata da un muretto in opera reticolata e con pavimento in lastre di travertino. Sopra queste lastre ne vennero poi posate altre di marmo, forse durante il restauro domizianeo. L’edificio di Agrippa aveva comunque l’asse centrale che coincideva con quello dell’edificio più recente e la larghezza della cella era uguale al diametro interno della rotonda. L’intera profondità dell’edificio augusteo coincide inoltre con la profondità del pronao adrianeo. La sola fonte che descrive quali fossero le decorazioni del Pantheon di Agrippa è Plinio il Vecchio, che lo vide di persona. Nella sua Naturalis Historia riporta, infatti, che i capitelli erano realizzati in bronzo siracusano e che la decorazione comprendeva delle cariatidi e statue frontonali. Le cariatidi, collocate sulle colonne del tempio, furono scolpite dall’artista neoattico Diogenes di Atene. Il tempio si affacciava su una piazza (ora occupata dalla rotonda adrianea) limitata sul lato opposto dalla basilica di Nettuno. Cassio Dione Cocceiano afferma che il “Pantheon” aveva questo nome forse perché accoglieva le statue di molte divinità o più probabilmente perché la cupola della costruzione richiamava la volta celeste (e quindi le sette divinità planetarie), e che l’intenzione di Agrippa era stata quella di creare un luogo di culto dinastico, dedicato agli dei protettori della Gens Iulia (Marte e Venere), e dove fosse collocata una statua di Ottaviano Augusto, da cui l’edificio avrebbe derivato il nome. Essendosi l’imperatore opposto ad entrambe le cose, Agrippa fece porre all’interno una statua del Divo Giulio, (ossia di Cesare divinizzato) e, all’esterno, nel pronao, una di Ottaviano e una di sé stesso, a celebrazione della loro amicizia e del proprio zelo per il bene pubblico.

Distrutto dal fuoco nell’80, venne restaurato sotto Domiziano, ma subì una seconda distruzione nel 110 d.C. sotto Traiano a causa di un fulmine.

Sotto Adriano l’edificio venne interamente ricostruito. I bolli laterizi (marchi di fabbrica annuali sui mattoni) appartengono agli anni 115-127 e si può ipotizzare che il tempio fosse stato inaugurato dall’imperatore durante la sua permanenza nella capitale tra il 125 e il 128. Secondo alcuni, redatto subito dopo la distruzione dell’edificio precedente in epoca traianea, sarebbe attribuibile all’architetto Apollodoro di Damasco È anche possibile, stando a considerazioni sulle irregolarità e le peculiarità della costruzione, che l’edificazione sia stata iniziata sotto Traiano, ripresa alla morte di questi da Adriano, interrotta per qualche tempo, poi completata con alcune variazioni al progetto iniziale, in particolare legate alla riduzione dell’altezza delle colonne del pronao da 50 a 40 piedi. L’edificio è costituito da un pronao collegato a un’ampia cella rotonda per mezzo di una struttura rettangolare intermedia. Rispetto all’edificio precedente fu invertito l’orientamento, con l’affaccio verso nord. Il grande pronao e la struttura di collegamento con la cella (avancorpo) occupavano l’intero spazio del precedente tempio, mentre la rotonda venne costruita quasi facendola coincidere con la piazza augustea circolare recintata che divideva il Pantheon dalla basilica di Nettuno. Il tempio era preceduto da una piazza porticata su tre lati e pavimentata con lastre di travertino. La rotonda è stata eretta su una robusta fondazione formata da un anello in calcestruzzo spesso 7,3 m e profondo 4,5 m. Cronologicamente, dapprima fu realizzata la cella circolare, quindi l’avancorpo e, infine, il pronao.

Le fonti ci rendono noto un restauro sotto Antonino Pio, mentre l’iscrizione incisa sulla trabeazione della fronte, ricorda altri restauri sotto Settimio Severo (nel 202), di portata per lo più marginale. L’edificio si salvò dalle distruzioni del primo Medioevo perché già nel 608 l’imperatore bizantino Foca ne aveva fatto dono a papa Bonifacio IV (608-615), che lo trasformò nel 609 in chiesa cristiana con il nome di Sancta Maria ad Martyres, consacrandolo con una solenne processione di clero e di popolo. L’intitolazione proviene dalle reliquie di anonimi martiri cristiani che vennero traslate dalle catacombe nei sotterranei del Pantheon.

« Questo maraviglioso tempio, secondo il sentimento comune, […] si disse Panteon, perché era dedicato a tutti li Dei immaginati da’ Gentili. Nella parte superiore […] erano collocate le statue delli Dei celesti, e nel basso i terrestri, stando in mezzo quella di Cibele; è nella parte di sotto, che ora è coperta dal pavimento, erano distribuite le statue delli dei penati. […] Bonifazio IV. per cancellare quelle scioccherie, e sozze superstizioni, l’an. 607. purgatolo d’ogni falsità gentilesca, consagrollo al vero Iddio in onore della ss. Vergine, e di tutti i santi Martiri; perciò fece trasportare da varj cimiteri 18. carri di ossa di ss. Martiri, e fecele collocare sotto l’altare maggiore; onde fu detto s. Maria ad Martyres »(Giuseppe Vasi, Itinerario istruttivo per ritrovare le antiche e moderne magnificenze di Roma, 1763)

Fu il primo caso di un tempio pagano trasposto al culto cristiano. Questo fatto lo rende il solo edificio dell’antica Roma ad essere rimasto praticamente intatto e ininterrottamente in uso per scopo religioso fin dal momento della sua fondazione. Le tegole di bronzo dorato che rivestivano all’esterno la cupola furono asportate per ordine di Costante II, imperatore d’Oriente nel 663 e sostituite con una copertura di piombo nel 735. Dopo l’anno 1000 la chiesa prese il nome di Santa Maria Rotunda, dalla quale deriva il nome della piazza antistante. Papa Eugenio IV (1431 – 1447) lo fece restaurare, liberandolo anche delle botteghe che negli anni erano state costruite intorno[57]. Gli elementi in bronzo della copertura del pronao e, forse, anche le sculture del frontone subirono nel 1625, sotto papa Urbano VIII Barberini, la medesima sorte di quelle dorate sotto Costante II, e furono fusi dal Bernini per creare il maestoso baldacchino sull’altare papale in San Pietro.[38] Nello stesso periodo furono aggiunti ai lati del frontone due campanili, opera di Gian Lorenzo Bernini fin da allora oggetto di critiche molto accese, presto conosciuti con il dispregiativo di “orecchie d’asino”; furono eliminati nel 1883. Già nel XV secolo, il Pantheon venne arricchito da affreschi: forse il più noto è l’Annunciazione di Melozzo da Forlì, collocato nella prima cappella a destra di chi entra. La chiesa fu poi scelta ufficialmente come sede della Pontificia Insigne Accademia di Belle Arti e Letteratura dei Virtuosi al Pantheon, fronte accademico dell’associazione professionale degli artisti che sarebbe poi divenuta l’Accademia nazionale di San Luca. A partire dal Rinascimento nel Pantheon, come in tutte le chiese, furono realizzate sepolture, in particolare di artisti illustri. Ancor oggi vi si conservano, fra le altre, le tombe dei pittori Raffaello Sanzio ed Annibale Carracci, dell’architetto Baldassarre Peruzzi e del musicista Arcangelo Corelli.

Le tombe dei re d’Italia

Il Pantheon conserva le tombe dei due primi re d’Italia, Vittorio Emanuele II e suo figlio Umberto I. La tomba di Vittorio Emanuele II si trova nella cappella centrale a destra. In realtà la destinazione della salma del re al Pantheon fu oggetto di un’accesa discussione: in molti, infatti, volevano che fosse inumata nella Basilica di Superga, luogo tradizionale di sepoltura dei Savoia. Alla fine tuttavia prevalse la volontà del presidente del Consiglio Agostino Depretis e del ministro dell’Interno Francesco Crispi. La salma del re fu esposta al Pantheon il 17 gennaio 1878; il 16 febbraio si tennero al Pantheon i solenni funerali di Stato: nell’occasione l’edificio fu addobbato solennemente. La gigantesca placca funeraria, con su l’epigrafe “Vittorio Emanuele II – Padre della Patria” venne fusa dalla fonderia di Alessandro Nelli con il bronzo dei cannoni che erano stati strappati agli Austriaci durante le guerre del 1848, del 1849 e del 1859. La presenza della tomba del sovrano elesse l’edificio a uno dei massimi sacrari di casa Savoia; al tempo stesso essa si lega alla futura costruzione del Vittoriano e dunque fece del Pantheon uno dei simboli della Terza Roma. Come sacrario di casa Savoia nel 1882 sorsero immediate le proteste per impedire che venisse inumata nel Pantheon la salma di Giuseppe Garibaldi. Esattamente sul lato opposto del Pantheon sorge la tomba di re Umberto I e della sua consorte, la regina Margherita. La tomba fu disegnata da Giuseppe Sacconi, lo stesso architetto del Vittoriano e della Cappella Espiatoria di Monza ovvero del memoriale ad Umberto I realizzato nel luogo dell’omicidio del re. La tomba del Pantheon è costituita da un’urna di porfido con quattro protomi leonine. Le tombe reali vengono mantenute in ordine da volontari delle organizzazioni monarchiche. Il servizio di guardia d’onore è reso dai volontari dell’Istituto nazionale per la guardia d’onore alle reali tombe del Pantheon.