Arco di Costantino - L. Ducros

Arco di Costantino - L. Ducros

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Delineato o incisone al tratto colorata a mano all’acquarello su carta con passpartout originale il quale reca la scritta in basso al centro “Vue de l’Arc de Constantine a Rome” e sulla sinistra “Ducros et Volpato”. Raffigurante un veduta dell’Arco di Costantino con personaggi in primo piano.

Autori: Abraham Louis Rodolphe Ducros (Yverdon 1748-1810 Losanna), e Giovanni Volpato (Bassano del Grappa 1732-1803 Roma).

Dimensioni cm 36 x 51 ca.

Stato di conservazione molto buono: ossidazione dei colori, foxing nel cielo e leggere tracce di umidità sul passapartout.

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DUCROS (Du Cros), Louis (Abraham-Louis-Rodolphe) (Moudon, Yverdon 1748-1810 Losanna).

Nato a Moudon (Cantone di Vaud, in Svizzera) il 21 luglio 1748 da Jean-Rodolphe, maestro di calligrafia e disegno, e da Jeanne-Marie Bissat, trascorse la prima giovinezza a Yverdon, sulle rive del lago di Neuchátel. Dopo essere stato per circa un anno insegnante di disegno in questa città al posto del padre, morto il 16 giugno 1764, diede le dimissioni e si allontanò da Yverdon. Presente a Ginevra almeno dal 1769, entrò in contatto con alcuni studiosi come il naturalista Ch. Bonnet, collezionisti, tra 1 quali F. Tronchin, e pittori come i ginevrini J.-D. Huber e P.-L. De La Rive e il belga N.-H. Fassin. Fin dal 1769 seguì i corsi di quest’ultimo in un’accademia privata e con lui fece un viaggio nelle Fiandre fra il 1771 e il 1772. Ma il D. doveva apprendere gli elementi essenziali della sua arte a Roma. Vi giunse alla fine dell’anno 1776; il suo nome si trova negli Stati d’anime della parrocchia di S. Lorenzo in Lucina ogni anno dal 1777 al 1792 (Roma, Archivio generale del Vicariato). Disegnava vedute di Roma per i viaggiatori ed entrò così in contatto con alcuni olandesi che si fecero accompagnare da lui in un viaggio nel Regno delle Due Sicilie e a Malta. Dal 10 aprile al 12 ag. 1778 il D. e i suoi committenti viaggiarono attraverso l’Italia meridionale (Napoli, Avellino, Canosa, Bari, Brindisi, Gallipoli, Taranto, Reggio Calabria), visitarono la Sicilia (Messina, Taormina, Catania, Siracusa), si imbarcarono per Malta e Gozo, poi ritornarono in Sicilia (Agrigento, Palermo) e raggiunsero Napoli per mare. Il pittore esegui durante questo viaggio più di trecento disegni e acquerelli (conservati nel Rijksprentenkabinet di Amsterdam). Di ritorno a Roma, il D. si mise in società con l’incisore Giovanni Volpato e insieme pubblicarono nel 1780 una serie di 24 acqueforti acquerellate di grande formato che rappresentavano Vedute di Roma e dei suoi dintorni. Nel 1782 il D. poté aprire in via della Croce un suo studio dove esercitava anche un’attività commerciale, vendendo le sue opere e stampe di altri artisti come Louis-jean Desprez e Francesco Piranesi. Incise ad acquatinta una serie di dodici costumi italiani disegnati dal suo compatriota Jacques Sablet. Il nome del D. cominciava ad essere conosciuto negli ambienti del grand tour: illustri viaggiatori che facevano tappa a Roma andavano a visitare il suo studio e ad ordinargli dei paesaggi. Nel 1782 dipinse due quadri ad olio per il granduca di Russia Paolo Romanov che era in viaggio in Italia (Il granduca Paolo e la granduchessa di Russia a Tivoli e Il granduca Paolo al Foro, attualmente nel palazzo di Pavlovsk vicino a Leningrado). L’anno seguente accompagnò a Terracina papa Pio VI che aveva intrapreso dal 1777 i lavori di bonifica delle paludi Pontine. L’artista immortalò quest’opera di risanamento in parecchie stampe e quadri, il più conosciuto dei quali è il grande quadro ad olio, Pio VI alle paludi Pontine, oggi al Museo di Roma (palazzo Braschi). Il pittore doveva tuttavia abbandonare questa pittura ufficiale e i quadri ad olio, facendosi conoscere piuttosto come specialista del paesaggio ad acquerello. Fra il 1784 e il 1792 dipinse i monumenti antichi di Roma, le cascate di Terni e di Tivoli, come pure la pittoresca campagna romana. Le sue opere furono per la maggior parte acquistate da ricchi anglosassoni come ricordi del loro grand tour in Italia e tuttora adornano molti castelli inglesi (Stourhead, Dunham Massey, Coughton Court) e svedesi (Drottningholm, Lövstad). Le vedute del D. uniscono alla grande precisione dei dettagli topografici una messa in scena grandiosa che molto deve all’ascendente di G. B. Piranesi. I suoi acquerelli, tra i primi che siano stati eseguiti in grande formato, interrompono la tradizione degli schizzi e degli abbozzi. Nel 1786 il D. incontrò a Roma sir Richard Colt Hoare”, un collezionista inglese, futuro protettore di Turner, che diventò il suo principale committente; questi, par-, lando delle opere del D. che ornavano il suo castello di Stourhead nel Wiltshire, affermerà che “proprio a Ducros deve essere attribuita la prima scoperta della potenza dell’acquerello” (The history of modern Wiltshire, I, London 1822, p. 83). I giornali romani contemporanei abbondano di elogi per i paesaggi del pittore svizzero e ricordano le numerose conunissioni di clienti celebri come il conte di Bristol o lord Breadalbane (Memorie per le belle arti, [1785], aprile, pp. 55 ss.). I disordini verificatisi a Roma nel 1793 in reazione agli avvenimenti rivoluzionari francesi, obbligarono il D., sospettato di giacobinismo, ad abbandonare gli Stati pontifici. L’artista si rifugiò quindi nel febbraio di quell’anno in Abruzzo, dove eseguì numerosi paesaggi di luoghi ancora poco conosciuti: dintorni di Licenza, il monte Velino, la valle del Liri. Dal 1794 al 1799 si stabilì a Napoli, nella parrocchia di S. Giuseppe a Chiaia. Dipingeva le antiche rovine della Campania e il Vesuvio per illustri clienti come sir Williani Hamilton (J.-I. Gerning, Kunstnachrichten, Neapel, bis zum 30. april 1798, in Der Neue Teutsche Merkur, ott. 1798, p. 10; C. Knight, La quadreria di sir W. Hamilton a palazzo Sessa, in Napoli nobilissima, XXIV [1985], pp. 54, 57) e quadri di marine, genere che diventò una sua specialità. Parecchie vedute dei cantieri navali di Castellammare di Stabia saranno acquistate dal ministro John Francis Edward Acton. Nel 1800 e nel 1801 il D. si recò di nuovo a Malta, dove dipinse una serie di grandi vedute di La Valletta per il generale Thomas Graham, che aveva conquistato l’isola al comando delle truppe inglesi. Le opere dell’ultimo periodo dell’attività del D. in Italia (dal 1799 al 1807) hanno accenti preromantici e mostrano la sua predilezione per gli elementi della natura scatenata (eruzioni, temporali, tempeste, ecc.). Nel 1807 ritornò in patria e tentò, ma senza successo, di creare un’accademia a Losanna. Qui il Ducros morì il 18 febbr. 1810.

Il governo del Cantone di Vaud riscattò parecchie centinaia di acquerelli eseguiti in Italia che erano rimasti nello studio dell’artista e che formarono il nucleo originario del primo Museo di belle arti di Losanna e che, ancora oggi, costituiscono una delle ricchezze del Museo di belle arti di questa città.

Giovanni Trevisan detto Volpato (Angarano, 1735 circa – Roma, 1803) .

Giovanni Trevisan nasce ad Angarano (Bassano del Grappa) intorno al 1735. Nel 1762 si trasferisce a Venezia nello studio dell’incisore Francesco Bartolozzi dove perfeziona l’arte dell’incisione ed entra in contatto con i principali artefici bassanesi, i Remondini, e con il celebre Bodoni, con cui lavora nel 1769 al volume celebrativo per le nozze del duca Ferdinando di Parma. Ormai consolidata la sua fama, nel 1771 Giovanni Volpato (prende il cognome della nonna) decide di trasferirsi a Roma dove, nei trent’anni successivi, unirà all’attività di incisore (sue sono le riproduzioni delle Loggie Vaticane del 1772-1776), quella di antiquario e mediatore di antichità, finanziando personalmente tutta una serie di scavi, dalle Terme di Caracalla del 1779, alle Terme di Tito in collaborazione con Gavin Hamilton, fino a piazza San Marco e piazza Venezia, solo per citarne alcuni.

Giovanni Volpato stringe rapporti con i più influenti salotti della città: i nomi sono quelli di Angelica Kaufmann, del marito Zucchi, di Thomas Jenkins e dell’ambasciatore veneziano a Roma Girolamo Zulian, grande collezionista e conoscitore d’arte. Fu quest’ultimo a commissionare a Canova il Teseo e il Minotauro nel 1781, l’unico marmo canoviano di cui si conosce una versione in biscuit di Volpato.

Abile uomo d’affari, Giovanni Volpato, oltre a sviluppare il commercio di antichità, il restauro e la produzione di copie e di incisioni, legato ai collezionisti e ai visitatori stranieri, si dedica anche alla realizzazione di riproduzioni dei capolavori dell’antichità classica, modellati in piccole dimensioni, nell’elegante e candido biscuit (porcellana non invetriata).