San Francesco e Santa Chiara coppia olii su rame

San Francesco e Santa Chiara coppia olii su rame

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Coppia di raffinati dipinti ad olio su rame di scuola italiana del XVII sec. raffiguranti i ritratti di San Francesco d’Assisi e di Santa Chiara, racchiusi in delle bellissime cornici in argento sbalzato e cesellato a mano di manifattura napoletana della metà del XVIII secolo.

Dimensioni con cornice cm 30 x 22 ca – i soli dipinti cm 12,5 x 10 ca

Stato di conservazione ottimo, qualche caduta di colore, commisurato all’epoca.

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San Francesco (Assisi 1181-1226) Francesco nacque ad Assisi nel 1182, da Pietro di Bernardone, ricco mercante di stoffe preziose, e da Madonna Pica; la madre gli mise nome Giovanni; ma, tornato il padre dal suo viaggio in Francia, cominciò a chiamare il figlio Francesco (FF1395). Prima della conversione il giovane Francesco fu partecipe della cultura “cortese-cavalleresca” del proprio secolo e delle ambizioni del proprio ceto sociale (la nascente borghesia).

Nel 1202, tra le fila degli homines populi, prese parte allo scontro di Collestrada con i perugini e i boni homines fuoriusciti assisani: Francesco fu catturato con molti suoi concittadini e condotto prigioniero a Perugia…Dopo un anno, tra Perugia e Assisi fu conclusa la pace, e Francesco rimpatriò insieme ai compagni di prigionia (FF 1398).

Decide allora di realizzare la sua aspirazione a diventare miles (cavaliere) e nel 1205 si unisce al conte Gentile, che partiva per la Puglia, onde essere da lui creato cavaliere (FF 1491). È a questo punto della vita di Francesco che iniziano i segni premonitori di un destino diverso da quello che lui aveva sognato. In viaggio verso la Puglia, giunto a Spoleto, a notte fatta si stese per dormire. E nel dormiveglia udì una voce interrogarlo: «Chi può meglio trattarti: il Signore o il servo?». Rispose: «Il Signore». Replicò la voce: «E allora perché abbandoni il Signore per il servo?» (FF 1492). L’indomani Francesco torna ad Assisi aspettando che Dio, del quale aveva udito la voce, gli rivelasse la sua volontà (FF 1401).

Trascorre circa un anno nella solitudine, nella preghiera, nel servizio ai lebbrosi, fino a rinunciare pubblicamente, nel 1206, all’eredità paterna nelle mani del vescovo Guido e assumendo, di conseguenza, la condizione canonica di penitente volontario. Francesco veste l’abito da eremita continuando a dedicarsi all’assistenza dei lebbrosi e al restauro materiale di alcune chiese in rovina del contado assisano dopo che a San Damiano aveva udito nuovamente la voce del Signore dirgli attraverso l’icona del Crocifisso: «Francesco va’, ripara la mia casa che, come vedi, è tutta in rovina» (FF 593).

Nel 1208, attirati dal suo modo di vita, si associano a Francesco i primi compagni e con essi nel 1209 si reca a Roma per chiedere a Innocenzo III l’approvazione della loro forma di vita religiosa. Il Papa concede loro l’autorizzazione a predicare rimandando però a un secondo tempo l’approvazione della Regola: Andate con Dio, fratelli, e come Egli si degnerà ispirarvi, predicate a tutti la penitenza. Quando il Signore onnipotente vi farà crescere in numero e grazia, ritornerete lieti a dirmelo, ed io vi concederò con più sicurezza altri favori e uffici più importanti (FF 375).

Spinto dal desiderio di testimoniare Cristo nei paesi musulmani, Francesco tenta più volte di recarvisi. Finalmente nel 1219 raggiunge Damietta, in Egitto, dove, durante una tregua nei combattimenti della quinta crociata, viene ricevuto e protetto in persona dal Sultano al-Malik al-Kamil.Rientrato ad Assisi nel 1220 Francesco rinuncia al governo dei frati a favore di uno dei suoi primi seguaci: Pietro Cattani. Non rinuncia però ad esserne la guida spirituale come testimoniano i suoi scritti.
Il 30 maggio 1221 si radunò in Assisi il capitolo detto “delle stuoie” al quale partecipò un numero davvero rilevante di frati (dai 3000 ai 5000), si discusse il testo di una Regola da sottoporre all’approvazione della Curia romana e fu nominato frate Elia vicario generale al posto di Pietro Cattani, morto il 10 marzo di quell’anno.

La Regola (conosciuta come “Regola non bollata”) discussa e approvata dal capitolo del 1221 fu respinta dalla Curia romana perché troppo lunga e di carattere scarsamente giuridico. Dopo un processo di revisione del testo, al quale collaborò il cardinale Ugolino d’Ostia (il futuro papa Gregorio IX), il 29 novembre 1223 finalmente Onorio III approva con la bolla Solet annuere la Regola dell’Ordine dei Frati Minori (detta “Regola bollata”).

Durante la notte di Natale del 1223, a Greccio, Francesco volle rievocare la nascita di Gesù, facendo una rappresentazione vivente di quell’evento per vedere con gli occhi del corpo i disagi in cui si è trovato [il Bambino nato a Betlemme] per la mancanza delle cose necessarie a un neonato, come fu adagiato in una greppia e come giaceva sul fieno tra il bue e l’asinello (FF468). È da questo episodio che ebbe poi origine la tradizione del presepe.

Dopo il capitolo di Pentecoste del 1224 Francesco si ritirò con frate Leone sul monte della Verna per celebrarvi una quaresima in onore di san Michele Arcangelo. Lì, la tradizione dice il 17 settembre, Francesco avrebbe avuto la visione del serafino, al termine della quale nelle sue mani e nei piedi cominciarono a comparire gli stessi segni dei chiodi che aveva appena visto in quel misterioso uomo crocifisso (FF 485). L’episodio è confermato dall’annotazione di frate Leone sulla chartula autografa di Francesco (attualmente conservata in un reliquiario presso il Sacro Convento di Assisi): Il beato Francesco, due anni prima della sua morte, fece una quaresima sul monte della Verna…e la mano di Dio fu su di lui mediante la visione del serafino e l’impressione delle stimmate di Cristo nel suo corpo (FF p. 176 nota).

Nell’ultimo biennio di vita di Francesco si colloca anche la composizione del Cantico di frate sole (o Cantico delle creature). Sono anni questi in cui San Francesco è sempre più tribolato dalla malattia (soffriva di gravi disturbi al fegato e di un tracoma agli occhi). Quando le sue condizioni si aggravarono in maniera definitiva Francesco fu riportato alla Porziuncola, dove morì nella notte fra il 3 e il 4 ottobre 1226. Il giorno seguente il suo corpo, dopo una sosta presso San Damiano, fu portato in Assisi e venne sepolto nella chiesa di San Giorgio.

Frate Francesco d’Assisi fu canonizzato il 19 luglio 1228 da Papa Gregorio IX. Il 25 maggio 1230 la sua salma fu infine trasferita dalla chiesa di San Giorgio e tumulata nell’attuale Basilica di San Francesco fatta costruire celermente da frate Elia su incarico di Gregorio IX tra il 1228 e il 1230.

Santa Chiara (Assisi 1194 -1253) La domenica delle Palme, la notte del 18 marzo del 1212, la giovane Chiara di Offreduccio accompagnata da Pacifica di Guelfuccio, fuggì da una porta secondaria della casa paterna, situata nei pressi della cattedrale di Assisi, San Ruffino e si recò di nascosto alla Porziuncola dove ad attenderla c’era Francesco con i suoi primi frati che l’accolsero nella loro comunità. Francesco le tagliò i capelli e le diede il rozzo abito di povertà e di penitenza, con una corda attorno alla vita e un velo sulla testa rasata. Il suo desiderio di seguire Cristo al modo di Francesco era ormai stato esaudito, a quell’epoca Chiara aveva diciotto anni.

Questo era l’epilogo, infatti, Chiara e Francesco si erano già incontrati periodicamente per ben due anni, durante questi incontri Chiara era sorvegliata da Bona di Guelfuccio, mentre Francesco era accompagnato da frate Filippo, e per tutto questo tempo Chiara ricevette da Francesco una luminosa guida nelle vie dello spirito, il risultato di quegli incontri fu la sua decisione di abbracciare una vita secondo il vangelo.

Chiara persegui con tenacia il suo progetto, anche di fronte a ogni tentativo di impedirle di seguire una vita di assoluta povertà, per la sua fedeltà alle intenzioni di Francesco, in quanto condivideva i suoi ideali e ancor più perché era stata chiamata da Dio per seguire questi ideali. Anche un cugino di Chiara, Rufino, si era già unito alla comunità verso il 1210 e divenne uno dei più fedeli compagni di Francesco. Chiara Sicuramente era a conoscenza della pubblica lite che Francesco aveva avuta col padre alla presenza del vescovo nel 1206 e del suo totale cambiamento di vita e ne era affascinata.

Comunque dopo essere stata accolta nell’Ordine, Chiara fu ospitata per un breve periodo presso le suore benedettine. Evidentemente ciò avvenne perché ella non poteva stare alla Porziuncola e semplicemente non c’era nessun altro luogo dove metterla. Quasi subito fu raggiunta da sua sorella Agnese. Tuttavia non passò molto e Chiara supplicò Francesco di permetterle di lasciare le benedettine e di condurre una vita veramente francescana. Cosi, col permesso del vescovo, Francesco sistemò lei e sua sorella Agnese nella cappella di San Damiano, che egli stesso aveva ricostruita e dove aveva udito la voce del Crocifisso, nella primavera del 1206, che gli comandava: “Francesco, ripara la mia casa, che sta cadendo in rovina”.

Celano descrive i primi giorni di Chiara a San Damiano come segue: “Dopo pochi giorni, ella si recò alla chiesa di Sant’Angelo di Panzo. Ma poiché la sua anima non era là completamente in pace, per consiglio del beato Francesco ritornò infine alla chiesa di San Damiano… Nella prigione di quel piccolo chiostro Chiara si chiuse per amore del suo sposo celeste. Ivi ella si nascose dal tumulto del mondo e imprigionò il suo corpo finché visse”.

Non prima del 1215 Francesco compose una speciale formula di vita per Chiara e le sue compagne, che allora erano aumentate a cinque. Per quei tre anni esse seguissero la Regola di vita che Innocenzo III aveva approvata per i frati nel 1209.

Chiara ottenne da Innocenzo II e da Gregorio IX il privilegio della povertà, secondo il quale era concesso alle sorelle di vivere in totale povertà e che nessuno potesse costringerle ad accettare beni di alcun genere. Le case delle Povere Clarisse erano senza donazioni, ed è questa assoluta povertà il tratto caratteristico dell’originalità della loro vita. Fino a quel momento non si era mai sentito dire che un monastero potesse vivere senza proprietà.

Santa Chiara continuò a vivere a San Damiano per più di quarant’anni, Qui Chiara inizialmente fu raggiunta dall’altra sorella Beatrice e dalla madre Ortolana, in seguito da altre donne e ragazze, e presto furono una cinquantina. Chiara volle dare vita a una famiglia di claustrali povere, immerse nella preghiera per sé e per gli altri. Chiamate popolarmente “Damianite” e da Francesco “povere Dame”, saranno poi per sempre note come “Clarisse”.

Chiara prosegui incrollabile nella sua fedeltà agli ideali e agli insegnamenti di San Francesco. Morì l’11 Agosto 1253 e fu canonizzata due anni dopo. Di tutti i seguaci di San Francesco, prima e dopo di lei, nessuno mai amò e comprese lui e la sua vocazione evangelica come Chiara, che chiamava se stessa la “piccola pianta del beatissimo padre Francesco”.

Il giorno di Natale, nella messa servita da Francesco, non c’era Chiara perché era a letto a causa della sua infermità. Volendo ella partecipare alla celebrazione di Natale, le sarebbe apparsa una visione della celebrazione.

I Saraceni erano alle porte di Assisi, e stavano assediando san Damiano. Chiara prese l’ostensorio e lo espose alla finestra. Una luce accecante spaventò i Saraceni facendoli fuggire dal convento e da Assisi.

È onorata oggi come santa Chiara, la fondatrice delle Clarisse, che vivono una vita completamente claustrale.