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Breve Storia del Micromosaico
Archivio Tabacchiera pietra lavica Tarantella
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Tabacchiera pietra lavica Tarantella

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Tabacchiera di forma rotonda in pietra lavica di colore beige con montatura in argento, finemente incisa sul coperchio con una scena di tarantella. All’interno sotto il coperchio è applicata scritta a mano su carta la seguente scritta:”Brought from Naples by A. Hussey Esq. for Sally 1846″ (Acquistato a Napoli dal Sig. A. Hussey per Sally 1846).

Manifattura napoletana degli anni ’40 del XIX sec.

Dimensioni cm 7 x 2h

Stato di conservazione ottimo.

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Tabacchiera di forma rotonda in pietra lavica di colore beige con montatura in argento, finemente incisa sul coperchio con una scena di tarantella. All’interno sotto il coperchio è applicata scritta a mano su carta la seguente scritta:”Brought from Naples by A. Hussey Esq. for Sally 1846″ (Acquistato a Napoli dal Sig. A. Hussey per Sally 1846).

Manifattura napoletana degli anni ’40 del XIX sec.

Dimensioni cm 7 x 2h

Stato di conservazione ottimo.

Tabacchiera di forma rotonda in pietra lavica di colore beige con montatura in argento, finemente incisa sul coperchio con una scena di tarantella. All’interno sotto il coperchio è applicata scritta a mano su carta la seguente scritta:”Brought from Naples by A. Hussey Esq. for Sally 1846″ (Acquistato a Napoli dal Sig. A. Hussey per Sally 1846).

Manifattura napoletana degli anni ’40 del XIX sec.

Dimensioni cm 7 x 2h

Stato di conservazione ottimo.

La Tarantella: L’etimologia del termine tarantella si deve collocare all’interno di vari vocaboli: taranta, tarantola, tarantato, tarantolato, tarantella, Taranto. Tutti hanno come radice linguistica comune  Taranto. Un’altra possibile etimologia di Tarantella rimanda il termine tarentinula o tarantinidion, le vesti discinte, quasi oscene che usavano i danzatori nei baccanali. Il tarantismo rimanda ai culti orgiastici dell’antichità greca legati al culto dionisiaco. Dyonisos era il dio più importante della regione tarantina, infatti nel corso delle dionisie tutta la città si trovava in uno stato di ebbrezza. Nel Medioevo i culti furono repressi dalla Chiesa e le manifestazioni orgiastiche si verificavano solo in alcuni momenti dell’anno ed in particolari manifestazioni popolari. La tarantella napoletana nasce nel XVIII secolo, quando si ha un’involuzione e crisi del tarantismo. Quest’ultimo nell’area napoletana perde ogni valenza simbolica e diventa danza. Gli strumenti: La tarantella napoletana presenta strumenti a fiato, a corda e a percussione come nella tradizione tarantina ma introduce strumenti popolari autoctoni (il puti-pu, lo scetavajasse, lenacchere) e stranieri ( il triccabballacco) privilegiando la componente ritmica. La gestualità: le posizioni sono scandite da fasi precise: in piedi, caduta al suolo e movimenti in terra complicati da altre figure e passi (salto. Ruota, voltata, accostamento, abbraccio finale) Il canto: La tarantella napoletana è accompagnata da canti che hanno un nucleo erotico-sessuale. Molte furono le canzoni cantata sulla musica della tarantella, citiamo solo Cicerenelle, Zi Catone, Lo Guarracino. La più famosa è Lo Guarracino, storia di un pesce “guarracino” che, decidendo di sposarsi con una “sardella”, provoca una violenta battaglia tra tutti gli abitanti del mare. Il canto non è solo una favola marina ma racchiude anche allusioni alla rivolta di Masaniello e nasconde significati erotico-esoterici. L’iconografia della tarantella: Le componenti di base del dionisismo sono esplicite nel richiamo continuo all’ebbrezza e all’erotismo. Se osserviamo l’iconografia relativa alla tarantella elemento onnipresente è il vino che viene bevuto o se ne intuisce la presenza nelle botti, in bottiglie e fiaschi che gli artisti hanno dipinto. Spesso le opere sono di pittori stranieri che,  tra il Settecento e l’Ottocento, giungevano in Penisola al seguito di intellettuali o personaggi ricchi che erano in viaggio per il Grand Tour. Fra i viaggiatori più famosi vale la pena citare lo scrittore Goethe, il nobile tesoriere Bergeret de Grancourt, Iohn Ruskin e i fratelli De Goncourt. Nella metà del XIX secolo la testimonianza dei viaggi viene lasciata non più ad opere di matita e colori ma a fotografie come fecero Gustave Flaubert e Maxim Du Camp. Nel XVIII e nel XIX  secolo si sviluppò  una produzione in serie ad opera di stampatori e pittori napoletani. Le opere sono di scarso valore artistico, a volte anonimi e senza l’indicazione della data ma sono utili per comprendere come la tarantella stesse assumendo un ruolo commerciale. La rappresentazione iconografica è varia: a volte la tarantella viene osservata da vicino con un primo piano sui danzatori, altre volte la scena è più mossa perché il campo visivo si allarga a riprendere anche il contesto in cui si sta svolgendo la danza. L’interesse spiccato per questa danza è riscontrabile anche nella realizzazione di manufatti in stoffa ( Museo di San Martino – Tarantella ricamata su seta) , in prodotti utilizzati da dame dell’alta società come i ventagli o addirittura in sculture ( Pescatore che balla la tarantella di F. J Duret , Louvre di Parigi) Chi ballava la Tarantella? In genere la tarantella era ballata da giovani popolari, ma anche borghesi e nobili. In genere i danzatori erano giovani e si esibivano ovunque, in città, in campagna, su una terrazza, in sale pubbliche o private. Si ballava in ogni occasione, ma in alcune era obbligatoria in quanto aveva un profondo significato collettivo: la vendemmia, la festa di Piedigrotta, la festa della Madonna dell’Arco.
La tarantella inizialmente era ballata solo da ragazze che si accompagnavano con un tamburello, successivamente saranno presenti anche figure maschili. Il ballo era eseguito da una sola coppia o da più coppie, era a volte  singola a volte collettiva. I ballerini si accompagnavano con nacchere e tamburelli ed erano accompagnati da altri musicisti con la partecipazione del  pubblico.

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