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Breve Storia del Micromosaico
Archivio La Vergine offre il Bambino a S. Francesco
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La Vergine offre il Bambino a S. Francesco

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Dipinto ad olio su rame raffigurante l’apparizione della Madonna che porge il Bambino a San Francesco d’Assisi, entro una cornice in legno scolpito e dorato coeva.

Scuola italiana della fine del  XVI secolo

Stato di conservazione ottimo commisurato all’epoca, lievi restauri.

Dimensioni del solo dipinto cm 29×36

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Dipinto ad olio su rame raffigurante l’apparizione della Madonna che porge il Bambino a San Francesco d’Assisi, entro una cornice in legno scolpito e dorato coeva.

Scuola italiana della fine del  XVI secolo

Stato di conservazione ottimo commisurato all’epoca, lievi restauri.

Dimensioni del solo dipinto cm 29×36

Dipinto ad olio su rame raffigurante l’apparizione della Madonna che porge il Bambino a San Francesco d’Assisi, entro una cornice in legno scolpito e dorato coeva.

Scuola italiana della fine del  XVI secolo

Stato di conservazione ottimo commisurato all’epoca, lievi restauri.

Dimensioni del solo dipinto cm 29×36

Significativa è l’iconografia del dipinto, che deriverebbe da un preciso passo del raro De cognatione sancti Francisci di Arnaldo di Sarrant (o Samatan) composto nel 1365, in cui il Santo viene rappresentato in estatica contemplazione della Vergine, dalla quale ha appena ricevuto il Bambino. Interessante è l’accostamento della figura di San Francesco a quella di Gesù, a identificare il Poverello come perfetto seguace di Cristo, testimonianza emblematica della pittura controriformata. La rappresentazione del Santo estatico che contempla la Vergine che gli ha appena consegnato il Bambino   «è tutto sommato non troppo frequente, e in ogni caso appare come uno degli ultimi esiti dell’iconografia francescana, estraneo com’è alla tematica meramente “biografica-miracolistica” diffusa in epoca medievale, finalizzata alla produzione di exempla per i fedeli, e a quella generalmente neo-iconica e adiegetica dell’epoca rinascimentale».
La derivazione di questo soggetto è tratta dagli Annales Minorum – compilati all’inizio del XVII secolo dal Wadding – dove si narra che la Vergine fosse apparsa a San Francesco consegnandogli il Bambino, affinché lo pregasse per la conversione dei peccatori e la salvezza del mondo. Ma lo studioso puntualizza che questa peculiare iconografia «non deriva né dal Wadding, né, come invece si afferma spesso, dai Fioretti, la cui stesura in volgare risale all’ultimo quarto del Trecento, e nemmeno dalla loro originale redazione in latino, gli Actus beati Francisci et sociorum eius, compilati nel secondo quarto dello stesso secolo.
L’iconografia deriverebbe invece da una tradizione parallela, posteriore a quella degli Actus-Fioretti (ma con essa di certo contaminata), fissata da un preciso passo del raro De cognatione sancti Francisci, di Arnaldo di Sarrant (o Samatan), composto nel 1365 e noto solo in due esemplari manoscritti, che fu ripreso nell’assai più diffuso Liber conformitatum di fra Bartolomeo da Pisa, compilato fra 1385 e 1399 e più volte ristampato in Italia nel corso del XVI secolo». Certo è che opere come questa apparivano ai fedeli come uno strumento capace di trasmettere contenuti teologici e morali attraverso una rappresentazione chiaramente comprensibile, come più volte era stato ribadito con il Concilio di Trento. Significativa è infatti l’iconografia del dipinto nell’accostamento della figura di San Francesco a quella del Bambino, a documentare la figura del Poverello come perfetto seguace di Cristo: testimonianza emblematica della pittura controriformata. Tra la fine del XVI secolo e l’inizio del secolo successivo si verificò difatti nell’arte figurativa un profondo rinnovamento nei contenuti e nella forma.
Tramontata la cultura rinascimentale basata sui valori umanistici, sul mito dell’arte classica e sulla filosofia neoplatonica, si sviluppò un profondo sentimento di assoluta dedizione a Dio, caratterizzato da una vigorosa volontà di distaccarsi dalle cose terrene. Questa glorificazione dell’ascesi che, analogamente ai grandi mistici che vissero nella seconda metà del Cinquecento, fece diffondere la rappresentazione del rapporto diretto che essi intrattenevano con la divinità; così alle scene della vita terrena dei grandi campioni della fede, dei loro miracoli e della loro predicazione, si sostituirono visioni misteriose e sublimi. In tale contesto fu rinnovato il culto di San Francesco, al quale furono dedicate molteplici opere figurative. 

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